Strapparsi le pellicine delle unghie, appoggiare la testa sulla mano o sfilare e far roteare un anello sul dito e azioni simili sono un modo per ridurre la tensione, per consolarci o per scaricare dell’eccitazione.
Rimuginare su una multa troppo salata, tornare con la memoria ad un momento triste o fantasticare su una persona che ci piace sono alcuni esempi di pensieri che possono essere accompagnati dall’esigenza di toccarci.
Una recente indagine sul tema si è proposta di valutare se il numero di autocontatti sia legato alla natura degli stimoli che li suscitano.
Per verificarlo i ricercatori hanno sottoposto i partecipanti a degli stimoli ansiogeni o neutri.
Un altro obiettivo dell’esperimento é stato misurare e se la frequenza degli autocontatti sia più intensa quando l’individuo svolge dei compiti passivi o quando deve rendere conto delle proprie riflessioni a qualcun altro.
Per testare le due circostanze, i soggetti venivano invitati ad ascoltare la lettura di un resoconto particolarmente impressionante nel primo caso e, a rispondere ad alcune domande sull’argomento, nella seconda ipotesi.
L’esito, a differenza da quanto provato da esperimenti precedenti, non ha messo in luce che i soggetti non si toccavano di più nella condizione ansiosa rispetto a quella “ordinaria”.
Tuttavia, ci si é accorti che i partecipanti tendevano a pizzicare, sfiorare o lisciare maggiormente il proprio corpo nella situazione in cui dovevano anche rispondere oltre che limitarsi a prestare orecchio.
In generale, poi, gli uomini si toccavano con più insistenza che le donne; queste ultime però apparivano più imbarazzate o tese (e manipolavano maggiormente il proprio corpo) quando venivano interrogate sull’argomento “scottante”.
Per approfondire l’argomento:
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Marco Pacori: I Segreti del Linguaggio del Corpo ed. Sperling&Kupfer, ottobre 2010 |
Marco Pacori: Il Linguaggio del Corpo in Amore ed.Sperling&Kupfer, ottobre 2011 |
Marco Pacori: Il linguaggio segreto della Menzogna ed.Sperling&Kupfer, ottobre 2012 |
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