Una delle cose di cui più ci si lamenta nel rapporto con gli altri é che non c’è mai nessuno che ci ascolti veramente.
Poter confidare a qualcuno che ci stia a sentire e ci capisca dispiaceri, delusioni e brutti pensieri anche se quest’ultimo non ci da risposte o un aiuto concreto, è già fonte di sollievo e ci rende realmente più capaci di affrontare i successivi momenti difficili.
Dopodiché, a qualcuno non è stata data opportunità di parlare del fatto; mentre ad altri è stato dato modo di sfogarsi.
Inoltre, ad alcuni è stato suggerito di parlane da soli (ad esempio, al registratore – in modo analogo a quanto si fa, annotando pensieri e avvenimenti su un diario); ad altri invece è stata data la possibilità di raccontarlo ad un interlocutore che si dimostrava comprensivo e disponibile.
Infine, un terzo gruppo ha potuto parlarne, ma l’interlocutore dava l’idea di essere disinteressato ed annoiato da quello che dicevano; oltretutto, tendeva a colpevolizzarli.
Dopo due giorni i ricercatori hanno verificato che chi aveva avuto modo di parlare dell’esperienza rivelava di averci pensato di meno e, una volta esposto nuovamente allo stesso stress appariva più forte e distaccato.
La maggiore «resistenza» allo stimolo disturbante appariva legata al fatto di averci rimuginato di meno.
Nelle persone che avevano avuto un ascoltatore poco paziente e partecipe l’effetto positivo dell’aprirsi risulta, come ci si aspettava, decisamente più blando¹ .
Naturalmente, non tutti scaricano la propria amarezza con la stessa facilità;
C’è anche chi, per sua natura, è portato a sfogarsi con gli altri e chi, per contro, tende a tornare più e più volte sui pensieri negativi, rivelandosi alla fine, anche meno efficiente nel risolvere i proprio crucci.
Un’altra indagine ha cercato di dare ragione di questa differenza.
E’ proprio questo l’obiettivo che si sono dati Sonja Lyubomirsky e altri studiosi della California University: perché i «ruminatori» sono meno abili a risolvere i propri problemi.
Con tre esperimenti hanno scoperto che il modo di pensare e la personalità di chi tende a «rivangare» sempre gli stessi pensieri hanno caratteristiche particolari.
Chi tende a rimuginare molto ritiene che ciò che lo preoccupa sia più grave e irrisolvibile rispetto a chi riesce comunque a distrarsi; Inoltre, tende a pensare che le probabilità di riuscita delle sue soluzioni siano molto scarse.
Gli altri sono al contrario più ottimisti e fiduciosi nelle loro capacità.
Anche il modo di riflettere sulle cose è diverso nei due gruppi: i «ruminanti» tendono a focalizzare i pensieri soprattutto sulle proprie mancanze o inefficienze; sono spesso critici e tendono ad assumersi le colpe dell’accaduto.
Chi ha questa inclinazione tende anche a non essere obiettivo riguardo ai problemi, ad avere una prospettiva drammatica e a reputare di non avere un gran controllo sugli eventi.
Infine, questa loro sfiducia in se stessi e la poca convinzione che le cose si possano risolvere, riduce la loro volontà e li porta ad un atteggiamento di rassegnazione.²
* Gli articoli citati sono:
¹ Lepore SJ,Ragan JD, Jones S: Talking facilitates cognitive-emotional processes of adaptation to an acute stressor; J Pers Soc Psychol. 2000 Mar;78 (3):499-508
² Lyubomirsky S, Tucker KL, Caldwell ND, Berg K. ruminators are poor problem solvers: clues from the phenomenology of dysphoric rumination; J Pers Soc Psychol. 1999 Nov;77 (5):1041-60.
Per approfondire l’argomento:
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Marco Pacori: I Segreti del Linguaggio del Corpo ed. Sperling&Kupfer, ottobre 2010 |
Marco Pacori: Il Linguaggio del Corpo in Amore ed.Sperling&Kupfer, ottobre 2011 |
Marco Pacori: Il linguaggio segreto della Menzogna ed.Sperling&Kupfer, ottobre 2012 |
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