Il significato di molte di queste azioni ormai é noto ai più; quello che invece non é così risaputo é che indurre qualcuno a fare movimenti che comportino azioni come la flessione, la ritrazione o l’allungamento delle braccia può influenzare il suo atteggiamento verso quello che proponiamo o nei riguardi dell’argomento di cui discutiamo.
E’ questa la sorprendente conclusione a cui sono giunti gli psicologi John Cacioppo, Joseph Priester e Gary Berntson con le loro indagini: più precisamente, con i loro studi hanno inteso verificare se fosse possibile modificare l’attrazione per qualcosa inducendo il soggetto a assumere una data posizione (in questo caso, si trattava di una posa delle braccia).
Partendo dai presupposti dell’Intelligenza Corporea, che dimostra come i processi e le sensazioni del corpo possono agire su atteggiamenti, giudizi e pensieri, questi ricercatori hanno così messo a punto una serie di esperimenti.
L’idea di base, é stata sviluppata a partire dalla constatazione che quando troviamo qualcosa sgradevole tendiamo a ritrarre busto, braccia, gambe o testa; per contro, se proviamo interesse o curiosità ci viene naturale inclinare verso avanti questi segmenti del corpo o portare l’oggetto d’interesse verso di noi.
Per testare l’ipotesi di partenza, questi studiosi hanno architettato un modo che costringeva i partecipanti ad allungare (ritrazione) o piegare (attrazione) le braccia mentre venivano loro mostrati degli stimoli neutri come degli ideogrammi cinesi. In queste posizioni, i volontari dovevano giudicare se li trovassero gradevoli o meno.
Bene, l’esito complessivo di queste indagini ha dato prova che chi aveva il braccio disteso in avanti li trovava meno attraenti rispetto a chi era stato indotto a piegare il braccio.
Scoperte come queste hanno suscitato l’interesse degli studiosi Bram Van den Bergh, Julien Schmitt e Luk Warlop che he hanno visto una possibile applicazioni pratica; nello specifico hanno investigato le implicazioni di queste scoperte nel comportamento dei consumatori.
Per verificarlo hanno scelto di ambientare lo studio in uno scenario “naturale” come un supermercato.
La prima ricerca aveva l’obiettivo di accertare se i clienti che portavano un cestino (condizione in cui la muscolatura era contratta – flessione dell’arto) mostrassero una diversa preferenza per prodotti gustosi e pronti ad essere consumati (come un barretta di cioccolato o degli snakes) rispetto a chi spingeva un carrello (estensione delle braccia). L’esame incrociato degli scontrini (che mostrava quali prodotti fossero stati comprati) e “veicolo” dove venivano caricati era stato usato per stabilire l’effetto di quest’ultimo nella scelta.
Il risultato ha dato prova che la loro ipotesi era valida: sarà più scomodo, ma usare un cestino aumenta il livello di desiderabilità, inducendo i clienti a acquistare più prodotti dal consumo spiccio rispetto a chi usa un mezzo più comodo, ma che suscita un impulso interno alla repulsione.
In un’ulteriore esperimento hanno coinvolto 54 partecipanti, invitandoli a sedere in delle cabine in modo che non potessero avere scambi l’uno con l’altro e quindi non potessero influenzarsi a vicenda. Questa seconda fase dello studio, é stata formulata per estendere il campo di indagine.
Numerosi studi, infatti, hanno messo in luce il coinvolgimento di una specifica area del cervello quando proviamo attrazione o repulsione: la corteccia profrontale, una zona collocata alla base della fronte. Più nello specifico, il lato sinistro di questa regione si attiva quando proviamo interesse; quello destro quando sentiamo un senso di rifiuto. Scopo di questo ulteriore esame era accertare se ci fosse corrispondenza tra attivazione dell’area prefrontale e posizioni del corpo.
Per indurre un’attivazione dei lobi frontali hanno per prima cosa applicato allo scalpo dei partecipanti degli elettrodi che registravano l’attività elettrica del loro cervello; quindi hanno chiesto ad alcuni di loro di premere le mani contro una tavola (repulsione); mentre altri sono stati invitati a porle sotto gli stessi tavoli, e di esercitare una pressione (attrazione).
A quel punto, sono stati posti di fronte ad una scelta: alcuni dovevano decidere fra un weekend in un campeggio o un fine settimana di studio oppure tra un piccola somma che sarebbe stata data loro il giorno successivo e una cifra più consistente che avrebbero ricevuto dopo due mesi.
L’esito ha messo in evidenza che in entrambi i casi chi era nella condizione con le braccia flesse (la pressione sotto il tavolo) tendeva aprediligere ciò che dava una gratificazione immediata (il camping o la piccola ricompensa); coloro invece che premevano contro il tavolo erano più inclini a scegliere l’appagamento più consistente, ma ritardato.
Questi studi ci forniscono degli spunti che possiamo sfruttare nelle nostre comuni esperienze interpersonali; ad esempio, poniamo di voler indurre il nostro partner a scegliere una precisa metà per le vacanze o di convincere il nostro socio in affari a optare per un dato investimento oppure di cercare di dirigere il nostro cliente a comprare un certo prodotto piuttosto che un’altro.
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In questo caso, il nostro obiettivo sarà attivare la sua corteccia prefrontale sinistra inducendolo a fare una trazione muscolare prima di “spingerlo” a orientare nel senso voluto le sue scelte.
Per farlo, possiamo ricorrere a semplici stratagemmi utilizzando quello che abbiamo portata di mano in casa o in ufficio: possiamo così chiedergli se può aiutarci a piegare una tovaglia, tenedo un lembo teso oppure, se ci tiene in mano un libro pesante, mentre facciamo finta di mettere ordine nella nostra libreria o, ancora, di tenere un pezzo di Scotch da un lato in modo che non si arrotoli … piccoli “sforzi”, ma sufficienti per accrescere e pilotare la sua motivazione!