Una recente indagine condotta da un team dell’Università di Colonia ha messo in luce che, in una certa misura, credere nella buona o nella cattiva sorte (e quindi fare azioni scaramantiche) può influenzare il risultato delle nostre prestazioni; Ovviamente, non si tratta di un effetto magico, ma della convinzione di avere un “asso nella manica”: infonde maggiore fiducia in sé, sicurezza e tenacia.
Naturalmente, un portafortuna o un atto scaramantico non bastano per “sfondare”: ci vuole ben altro! Lo psicologo Richard Wiseman ha voluto indagare a fondo i meccanismi che portano le persone ad essere baciate dalla buona sorte o iellate, scoprendo che questo non dipende dal caso o dal destino, ma dall’atteggiamento con cui affrontiamo la vita.
Per indagare se effetivamente ci fossero degli schemi mentali che portano a condizionare il proprio destino, Wiseman ha reclutato 400 persone che si ritenevano particolarmente fortunate o sfortunate tramite annunci sui giornali.
Il passo seguente é stato chiedere loro di tenere un diario delle proprie giornate, annotando fatti, pensieri e reazioni emotive.
Dall’analisi di questi resoconti ha realizzato innanzitutto che i i primi sono attenti a cogliere le opportunità che capitano loro; mentre i secondi non “hanno occhi per guardare”.
Ad esempio, in un esperimento ha chiesto ai partecipanti di sfogliare un giornale e di contare quante foto conteneva: le persone iellate ci mettevano circa due minuti per stabilirlo; quello fortunate, pochi secondi. Il motivo? Nella seconda pagina c’era scritto a caratteri cubitali il messaggio “smetti di contare, ci sono 43 foto su questa rivista“: chi riteneva di avere una buona stella si fermava lì; gli “sventurati” invece non notavano la scritta e continuavano a cercare le immagini.
In una variante dello studio, il messaggio era “smetti di contare e di allo sperimentatore che hai trovato questo messaggio: hai vinto 250 dollari!” Anche qui le persone “iellate” non se ne accorgevano.
Da qui possiamo trarre quindi una prima regola: bisogna valutare le cose nel loro insieme, tenere gli occhi aperti e non “camminare a testa bassa!.
Non basta. Le persone fortunate, ha scoperto Wiseman, si affidano all’inventiva, al proprio fiuto e quando si imbattono in un ostacolo, pensano bene ad aggirarlo; quelle “nate sotto una cattiva stella”, per contro, persistono negli stessi schemi, anche se si rivelano “strade senza uscita”.
Ne possiamo quindi dedurre un secondo insegnamento: quando si ha un problema, non darsi per vinti, ma cercare soluzioni alternative.
Un altra scoperta di Wiseman é stata che chi è “nato sotto una buona stella” crede “ciecamente” nella fortuna e persiste nei propri obiettivi, nonostante le avversità; gli iellati, per contro, non appena si imbattono nella minima difficoltà tendono a gettare la spugna.
Terza regola quindi: non demordere e credere nei propri progetti.
Infine, le persone fortunate trovano del buono anche nelle situazioni spiacevoli: ad esempio, Wiseman ha suggerito a dei partecipanti di immaginare di trovarsi in una banca dove aveva luogo una rapina e di essere colpiti ad un braccio da un proiettile vagante.
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Con questo scenario, chi si pensava fortunato giudicava che gli fosse andata bene perché avrebbe potuto ricevere la pallottola alla testa; chi si credeva iellato invece si lagnava, commentando che che non poteva che essere sciagurato e trovarsi proprio quel giorno in banca!
Di qui, l’ultimo suggerimento: cercare sempre il lato positivo dell’esperienza.
In conclusione, nessuno nasce come Gastone dei fumetti di Paperino: la fortuna la si costruisce con le proprie mani – o la si demolisce! 😉