Questo perché le informazioni trasmesse dalla faccia, e in particolare, dalla regione degli occhi, sono numerose e altamente significative sul piano biologico, tanto che, secondo lo psicologo inglese Simon Baron-Cohen, esiste una predisposizione innata a cogliere i movimenti e le altre modificazioni dello sguardo.
Le affermazioni dello studioso sembrano trovare conferma nell’osservazione del comportamento visivo dei neonati.
Ad esempio, uno studio condotto da Bruce Hood, Douglas Willen e Jon Driver ha esaminato questo comportamento con pargoli di appena tre mesi.
I bambini erano posti di fronte a dei monitor di computer dove apparivano dei volti che guardavano a destra oppure a sinistra; successivamente, sullo schermo compariva un oggetto che poteva trovarsi nella stessa direzione degli sguardi o in senso opposto: é emerso che i piccoli portavano più velocemente lo sguardo sull’oggetto se il punto in cui si trovava l’oggetto e l’orientamento degli occhi coincidevano.
Sicuramente, una delle funzioni più importanti dello sguardo é quella di lasciar trapelare lo stato emotivo.
La durata, l’intensità e la direzione dello sguardo dipendono dal tipo di emozione espressa; inoltre, evidenze provenienti dall’osservazione del comportamento oculare di esseri umani e di primati mettono in luce lo stretto rapporto tra modificazioni della zona dello sguardo e reazioni emotive. Si é notato, ad esempio, che l’uomo quando prova emozioni tendenti all’approccio (positivo o negativo), come felicità, attrazione o rabbia tende a guardare più fissamente negli occhi; per contro, quando ciò che vive lo porta a evitare il contatto con gli altri (come nell’imbarazzo, nel dolore o nel disgusto) è incline a orientare lo sguardo in basso o di lato.
In modo analogo, le scimmie guardano fissamente un altro primate se sono dominanti o hanno intenzioni aggressive e distolgono lo sguardo se sono remissive o intimorite.
Queste premesse fanno intuire quanto l’atteggiamento dello sguardo possa influire nella percezione dell’espressione emotiva e che l’effetto é vicendevole.
Al riguardo, uno studio messo a punto da Janek Lobmaier, Bernard Tiddeman e David Perrett ha dato prova che la mimica della felicità (a paragone con quella delle altre emozioni) suscita l’impressione che chi la esibisce stia guardando gli astanti. Per contro, una faccia che appare intimorita o esibisce un atteggiamento neutro é più facile sia percepita come stesse evitando il contatto oculare a confronto con un volto rabbuiato o gioiso.
Questi risultati sono in linea con un altra ricerca condotta da Reginald Adams e Robert Kleck in cui é stato dimostrato che dei volti neutrali hanno un che di felice o di rabbioso se lo sguardo é diretto verso l’interlocutore rispetto a quando viene rivolto altrove.
Per ragioni legate alla sopravvivenza, gli scienziati hanno supposto che le espressioni di rabbia e paura possano suscitare una diversa velocità nelle percezione soggettiva e cerebrale a seconda che siano abbinate a uno sguardo diretto o orientato altrove.
Per verificarlo, sempre Adams e Kleck assieme ad altri colleghi hanno mostrato ad un gruppo di partecipanti delle foto di individui dall’aspetto rabbioso oppure intimidito; abbinandole ora a occhi che fissavano davanti, ora lateralmente. A tutti i volontari è stata contemporaneamente registrata l’attività cerebrale con la fMRI (Risonanza magnetica funzionale).
Si é così appurato che il tempo di risposta dell’amigdala (la regione del cervello che elabora le reazioni emotive) é più rapido se all’espressione di collera viene associato uno sguardo diretto; per converso, questa struttura si allerta più velocemente se la mimica della collera si osserva in una faccia con lo sguardo che punta in un’altra direzione.
Per approfondire |
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Questa scoperta é in linea con le ipotesi di partenza e si spiega con il fatto che se uno sguardo diretto appartiene ad un volto adirato, questo indica che la minaccia proviene da chi ha questa espressione. Analogamente, una faccia impaurita con gli occhi puntati altrove suggerisce che il pericolo proviene dall’ambiente circostante.
In conclusione, gli esiti di queste indagini fanno comprendere quanto nell’interpretare le espressioni facciali sia importante tenere conto della direzione dello sguardo e di quanto quest’ultima possa indurre a fraintendere il senso della mimica o aggiunga informazioni essenziali al comprenderne il significato e il valore.