Questa curiosità per il tempo non deriva solo dal fatto di constatare se ci saranno le condizioni ideali per mettere in atto i nostri programmi (organizzare una scampagnata se sarà una bella giornata é piuttosto che andare nel centro commerciale la domenica se danno pioggia), ma perché il clima, le ore di luce, la temperatura dell’aria, il vento o la pressione atmosferica incidono, in modo più o meno consapevole, sul nostro umore e persino sul modo di affrontare la vita.
Uno studio degli psichiatri Matthew Keller e Barbara Fredrickson, assieme ad altri colleghi, ha messo in luce, ad esempio, che il bel tempo (circa 20° e pressione barometrica alta) migliorano l’umore, la memoria, e portano ad assumere un modo di pensare più flessibile e aperto; questo accade naturalmente in primavera quando aumentano il numero di ore trascorse all’esterno; se il caldo é eccessivo (come d’estare) lo stato d’animo però peggiora. Ma la “picchiata” si osserva di inverno, quando freddo e umidità “congelano” energia ed entusiasmo e rendono i processi cognitivi più schematici e rigidi.
Questo trend si riflette perfino nelle transazioni finanziarie: Mitra Akhtari, economista l’Università di Berkley, ha voluto verificare se le giornate assolate o nuvolose potessero influire sui rendimenti azionari.
Confrontando quindi, la nuvolosità degli inverni nel periodo dal 1948 al 2010 e il Dow Jones (il più noto indice azionario della borsa di New York) ha potuto verificare che il cielo coperto era associato a un calo dello 0,79% del rendimento lordo del valore delle azioni: da questo ha dedotto che nei giorni di sole i “risparmiatori” si sentono più ottimisti e sono più propensi ad investire in operazioni a rischio.
Per contro, altri studi mettono in risalto che quando il caldo é eccessivo, la lucidità e la freschezza ad elaborare decisioni complesse si deteriora; così se siamo costretti a fare una scelta preferiamo la “via più comoda”.
Per approfondire queste scoperte, Amar Cheema e Vanessa Patrick hanno condotto un cosiddetto esperimento pilota [uno studio che serve a verificare se l’ipotesi dei ricercatori vale la pena di essere sviluppata n.d.r.]: i due studiosi hanno così concentrato il tiro sulle lotterie della contea di Saint Luis in Missouri (U.S.A): per prima cosa, hanno calcolato quale tipo di biglietti a premio fossero stati venduti in un anno (paragonabili alle schedine del calcio, al lotto o ai “gratta e vinci” nostrani) e hanno confrontato il volume delle vendite di un genere o dell’altro con la temperatura dei diversi giorni.
L’esito é stato sbalorditivo: l’acquisto dei biglietti che richiedevano una scelta tra tre diverse opzioni calava, complessivamente, di 594 dollari per ogni grado fahrenheit (0,556 gradi celsius) in più; per contro, la gente continuava a comprare biglietti tipo “gratta e vinci” come sempre.
Precedenti indagini condotte da Ioannis Vasmatzidis e Peter Hancock hanno dimostrato che la prolungata esposizione a temperature elevate va a detrimento delle facoltà di ragionamento; cosa che invece non accade se la fa un po’ più freddo.
Preso atto dell’effetto del loro studio e delle precedenti indagini, i ricercatori hanno pensato di esaminare l’impatto della temperatura sulle facoltà cognitive in un ambiente controllato, come quello del laboratorio, in cui le variabili sono più facili da gestire.
Per prima cosa, hanno reclutato 46 partecipanti invitandoli ad eseguire dei compiti che richiedevano un certo impegno mentale in due condizioni ambientali simili: 67 e 77 gradi Fahrenheit (equivalenti rispettivamente a 19 gradi e mezzo °C e a 25 °C). Si é appurato che la temperatura ideale per ragionare a mente fresca é di 72 gradi fahreheit (circa 22 gradi celsius), cosicché, in un caso c’erano 5 gradi in meno e nell’altro 5 in più.
Benché le variazioni fosse minime rispetto al “clima” ideale, gli studiosi hanno realizzato che procuravano effetti molto diversi sulle capacità cognitive. Il primo esperimento comportava il fatto che i volontari svolgessero un test linguistico in un ambiente “surriscaldato (25 gradi) o tiepido (19 gradi e mezzo circa): il risultato ha messo in luce che chi si trovava in un locale “afoso” commetteva molti più errori di chi sostava in un ambiente più climatizzato.
Una seconda fase dello studio ha sviluppato queste rilevazioni. In questa “tranche” i partecipanti avevano il compito di scegliere tra due piani tariffari per cellulari: uno apparentemente più conviente, ma ad un’analisi più accutata, più oneroso; l’altro più vantaggioso. Anche in questo caso, la scelta doveva essere presa in un locale piuttosto “torrido” oppure in uno “areato”.
In linea con l’esito del primo esperimento, i partecipanti “arrostiti” tendevano a scegliere il piano ingannevolmente più economico; mentre gli altri si mostravano più accorti, dando prova quindi che riflettere quando fa troppo caldo é faticoso e si tende a ragionare in modo più elementare.
Per approfondire |
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Un ulteriore esperimento ha dato prova che quando il caldo é eccessivo preferiamo fare scelte più spicce, che comportano un minore “spreco” di energia. In questo caso, i volontari non dovevano fare altro che optare per un prodotto piuttosto che un’altro: il primo classico; il secondo più sofisticato e rivoluzionario. Per apatia, chi era nella “serra” preferiva il prodotto tradizionale; chi era nella stanza fresca, invece, prediligeva quello più innovativo.
Altri due esperimenti, condotti nella stessa sessione, non hanno fatto altro che ribadire quanto emerso dalle indagini che li hanno preceduti.
Insomma, caldo e ozio (della mente) vanno davvero a braccetto.