Naturalmente, per destreggiarsi nella sua lettura bisogna familiarizzarsi con il significato dei diversi segnali e fare molto esercizio per coglierne il rapporto con gli stimoli che li hanno suscitati e per dare loro un senso nel contesto in cui vengono osservati.
Tuttavia, non é l’unico modo per capire chi abbiamo di fronte: un’altra risorsa ci deriva dal nostro intuito.
La più estesa ricerca condotta su individui dotati di una grande fiuto a comprendere cosa “passa nella testa” dei propri interlocutori (messa a punto da Paul Ekman e Mark Frank) ha dato prova che questi talenti usavano l’intuito e non un processo “intellettuale” per rendersi conto ad esempio se l’altro stesse mentendo o provando un determinato impulso.
Questa capacità trova sede nel buon funzionamento di una regione cerebrale, l’insula; specializzata soprattutto nella percezione delle sensazioni interiori del corpo: l’interocezione.
La ricerca ha dimostrato che chi é in sintonia con i propri segnali corporei interni é anche capace di rappresentare dentro di sé le sensazioni che provano gli altri: questo fenomeno è conosciuto dalla psicologia come “empatia”, cioè come la capacità di «mettersi nei panni degli altri» e di condividerne pene ed entusiasmi.
Un’altra esperienza interpersonale che ci porta a sentire ciò che vivono gli altri si chiama “contagio emotivo”: un riverbero interno delle emozioni altrui prodotto, in questo caso, dalla nostra innata tendenza ad imitare i comportamenti esibiti dai nostri simili (l’esempio, più noto é lo sbadiglio): a differenza dell’empatia, questo processo può avvenire anche senza la partecipazione affettiva: ad esempio, possiamo provare un senso di irrequietezza e nervosismo anche se siamo solamente in presenza ad una persona ansiosa o collerica.
In questo processo, l’assorbimento è mediato dai cosiddetti “neuroni specchio” che si trovano nelle aree motorie e premotorie, nell’area di Broca e nella corteccia parietale inferiore: la loro funzione é proprio di riflettere il comportamento dell’altro come se fossimo uno specchio.
Posture, atteggiamenti corporei, mimica facciale e gesti sono di norma sono il riflesso esteriore del nostro stato d’animo, ma grazie un fenomeno noto come “Facial e Body feedback” assumerli per imitazione ci porta a sintonizzarci con le senzazioni e le emozioni di cui sono espressione e a viverle come fossero nostre.
Possiamo fare anche di più che cogliere cosa prova il nostro interlocutore o chi stiamo osservando: l’intuizione, infatti, ci porta a “prevedere le conseguenze intuite a partire dall’osservazione di no o piùsegnali non verbali; e questo senza prendere coscienza di come siamo giunti a queste conclusioni.
Questi “presagi”, tuttavia, possono rivelarsi estremamente accurati e, se si tratta di scelte, sono solitamente oculate e opportune.
L’intuizione è il risultato del modo in cui il nostro cervello memorizza, elabora e recuperare le informazioni su un piano inconscio e irrazionale, spiega Gerard Hodgkinson docente e ricercatore presso il Centre for Organizational Strategy, Learning and Change della Leeds University Business School.
Sulla base dei suoi studi. Hodgkinson afferma che l’intuizione è un fenomeno psicologico reale, che necessita di ulteriori approfondimenti per comprendere come sfruttare appieno il suo potenziale.
Lo studioso é arrivato alla conclusione che nell’intuire il cervello confronta, a volte in un lampo, esperienze passate e indizi esterni per prendere una decisione su un livello non cosciente; il che, di norma, si traduce in una sensazione a cui non siamo in grado di dare una spiegazione logica.
In altre parole, formuliamo una valutazione estremamente complesso in tempi così rapidi che non siamo consapevoli della mole di informazioni, variabili, possibilità e conseguenze che stiamo elaborando.
“La gente di solito sperimenta l’intuizione quando si trova a fare una scelta in tempi stretti, come quando percepisce un pericolo incombente; situazione in cui l’analisi conscia dei dati può essere particolarmente difficile o impraticabile“, sostiene Hodgkinson.
Il ricercatore cita, ad esempio, il caso registrato di un noto pilota di Formula Uno che, nel corso di un giro ha frenato bruscamente mentre si stava avvicinando ad un tornante; senza, per altro, sapere perché stava facendo così.
Così facendo, in ogni caso, ha evitato di tamponare le vetture che aveva davanti a sé, pur non vedendole; salvandosi probabilmente la vita.
Il pilota non ha saputo darsi una spiegazione di questa sua repentina manovra, che, di fatto, lo avrebbe portato a perdere terreno rispetto agli avversagi e a giocarsi la gara.
Per cercare di ricostruire il suo ragionamento, un team di psicologi gli ha mostrato un video della telecamera montata sulla vettura e gli chiesto di ripensare alle sensazioni che aveva avvertito e alla decisione presa.
Il filmato mostrava che la folla, che sarebbe normalmente avrebbe mostrato segni di esaltazione alla sua comparsa, non lo stava nemmeno guardando mentre lui si stava approssimando alla curva; al contrario, stava fissando con uno sguardo raggelato da un’altra parte. Il pilota non ha realizzato consapevolmente il significato di questo comportamento anomalo, ma intuitivamente aveva colto che qualcosa non andava, inducendolo a dare un colpo di freni.
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In sostanza, il campione aveva fatto una lettura corretta del significato minaccioso de linguaggio del corpo del pubblico, intuendo quale sarebbe stata la contromisura più sensata da mettere in atto.
Certo, l’illuminazione del pilota é stata dettata dall’urgenza e dall’istinto
di conservazione; tuttavia, possiamo affidarci al nostro intuito per compendere il senso e il valore dei segnali del corpo anche in in situazioni che non siano così estreme: sviluppare l’empatia interpersonale; prendere coscienza dell’effetto del contagio emotivo e dare retta alla nostra intuizione possono essere modi efficaci e mirati per acquisire un vero e proprio “sesto senso” nei nostri rapporti umani.