Qualcosa accade nel nostro cervello che produce quest’effetto strabiliante: secondo lo psicologo Annett Schirmer che ha esposto le sue indagine alla sessione annuale della Society for Neuroscience, sentire un ritmo non produrrebbe solo una coordinazione di corpi, ma anche di pensieri.
Questa intuizione ha preso piede dall’osservazione che molte occasioni di incontro sociale sono infarcite di ritmi: ad esempio, i rituali cerimoniali delle tribù primitive sono scanditi dal suono dei tamburi; le marce dei soldati creano un plotone; il discorso stesso é cadenzato da sillabe, parole e prosodia (l’equivalente vocale dei segni di interpunzione) e le musiche sono l’elemento di aggregazione in discoteche, rave e sagre di paese.
Che tutto questo significhi che il ritmo ci “possieda”?
Partendo da queste premesse, gli psicologi cinesi Nicolas Escoffier, Christoph Herrmannc e Annett Schirme hanno messo a punto un esperimento per verificare se effettivemente il ritmo potesse influenzare i processi cognitivi.
Per Accertarlo, hanno reclutato un buon numero di volontari, chiedendo loro di guardare un monitor in cui venivano proiettate delle immagini per un tempo molto breve: compito dei partecipanti era rilevare se se scene fossero capovolte.
Mentre i partecipanti erano impegnati a porre attenzione alle immagini, un rullo di tamburo sintetico veniva fatto suonare in sottofondo: il ritmo della percussione era costituito quattro battiti cadenzati in modo regolare; dopo un certo numero di ripetizioni però, una battuta saltava.
Nel corso della presentazione l’attività del loro cervello veniva registrata con l’elettroencefalografo: in particolare, gli studiosi erano attenti alla presenza dei cosiddetti ERPs o potenziali evento-correlato, un picco nel tracciato legato alla percezione di un preciso stimolo.
L’esito ha dato prova che quando l’immagine invertita veniva mostrato in coincidenza con l’assenza dell’ultima battuta, i soggetti la rilevavano più velocemente rispetto a quando il ritmo era regolare o le scene venivano viste senza sottofondo musicale e questo, sorprendentemente, accadeva a tutti nello stesso momento: in altre, parole, i loro processi di pensiero venivano influenzati collettivamente dal ritmo.
Ancora più strabiliante sono i dati emersi analizzando i tracciati dell’EEG: per prima cosa, si osservava che le onde alfa e beta (quelle comunemente presenti nella condizione di veglia) di vaste regioni del cervello si sincronizzavano con il ritmo: migliaia di neuroni si attivavano contemporeaneamente; come se tutti gli spettatori di uno stadio stipato facessero la “ola”; inoltre, si osservava un’alterazione nel momento in cui l’ultima battuta veniva a mancare.
Per approfondire |
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La scoperta più sensazionale é stata la rilevazione che le misurazioni effettuate nella parte posteriore dello scalpo (dove riesiede la corteccia occipitale, che elabora le informazioni visive) mostravano un picco nelle onde ogni volta che un’immagine veniva appariva allo sguardo dei soggetti.
Se l’immagine veniva presentata in coincidenza con una battuta musicale, tuttavia, l’area delle corteccia visiva che si attivava era molto più estesa rispetto a quando veniva vista senza background sonoro (come se la scena apparisse ingrandita o più colorata), dimostrando così che il ritmo non solo condiziona l’attività cerebrale, ma amplifica l’impatto degli stimoli.