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L'ansia fa sbandare

L’ansia fa camminare spediti e “storti”

Movimenti, posture, sguardi, gesti e perfino la falcata possono riflettere la nostra età, il genere sessuale, la nostra personalità e i nostri atteggiamenti.

Mentre, le ricerche su espressioni del volto, cambiamenti di postura, gesticolazioni e variazioni vocali sono numerose, poca attenzione é stata data al modo di camminare.

Eppure, si é appurato che, proprio la velocità del passo, il peso con cui appoggiamo i piedi al suolo, la mobilità generale, le oscillazioni di spalle, bacino e braccia possono consentire, anche ai non esperti, di riconoscere le emozioni e gli stati d’animo del “podista”.

Le persone depresse o avvilite, ad esempio, strascicano i piedi, come avesse le ali ai piedi o di chi é furioso, che fa ampi passi, cadenzati e calcando con forza il piede.

Patti Woods, esperta di linguaggio del corpo, ha fatto, al riguardo, delle curiose osservazioni sui modi di fare delle persone che, mentre passeggiano, parlano al cellulare.

La studiosa, ad esempio, ha notato che quanto si é ricevuta una notizia seria, la persona si ferma e resta qualche istante come impietrita; in modo analogo, se la conversazione si fa piuttosto intima, chi cammina, smette di camminare e si siede o si appoggia da qualche parte.

Per contro, se lo scambio si fa acceso e la persona perde le staffe, il volume della sua voce aumenta e il suo passo accelera e si fa marziale.

Ora, nuove ricerche mettono in luce che anche l’ansia mette il suo “marchio” all’andatura, rendendola riconoscibile.

Precedenti ricerche hanno messo in luce che, una precisa regione cerebrale, la corteccia prefrontale (che presiede alla coordinazione motoria e nella motivazione) svolge un ruolo inibitorio, se si attiva il suo lato destro e di “slancio” se a funzionare é soprattutto il lato sinistro.

Detto altrimenti, la porzione destra é legata all’ansia e alla cautela e quella sinistra all’attrazione.

Qui va fatta una precisazione perché i due lati del cervello governano il corpo in modo incrociato: il destro la parte sinistra e l’inverso.

Partendo da questi presupposti, Mario Weick, John Allen e altri psicologi inglesi hanno elaborato un disegno sperimentale per verificare se questa organizzazione del cervello potesse condizionare la traiettoria della camminata e permettere quindi di distinguere chi é ansioso e inibito da chi é più spavaldo.

Per verificarlo hanno reclutato 80 volontari e, dopo aver sinistrato loro dei test per l’ansia, li hanno bendati e hanno chiesto loro di fare qualche metro cercando di seguire una linea dritta.

Ne é emerso che quanto più uno era apprensivo e timoroso, tanto più tendeva a sbandare verso sinistra, dando così prova che l’ipotesi di partenza era corretta.

Chi é ansioso, non solo “barcolla”, ma tende anche a camminare in modo affrettato e spesso scomposto: lo hanno provato gli psicologi francesi Chistophe Maïano , Pierre Therme e Daniel Mestre, facendo muovere dei soggetti in un ambiente virtuale.

Lo scenario era uno scantinato in cui squillava una sirena d’allarme oppure lampeggiava la scritta “pericolo incendio”: scopo di questa messinscena era di incutere nei partipanti un senso di allarme (una condizione percepito da chi é ansioso, anche quando il pericolo é inesistente).

Monitorando il movimenti degli yostick e l’andatura degli avatar, gli studio  hanno appurato che in condizioni di pericolo, i soggetti aumentavano il passo, andavano maggiormente a scatti e nella loro andatura mostravano una certa instabilità nella traiettoria; inoltre, l’agitazione portava a incespiscare di più e ad una maggiore probabilità di mettere il piede in fallo o di storte.

La fretta indotta dalla preoccupazione é una reazione che trova origine nell’impulso alla fuga. La regione del cervello che mobilita la risposta di lotta o fuga, quando l’abbiamo la percezione di essere in pericolo può farci sentire come pietrificati.

Per studiare questo tipo di reazione gli studiosi canadesi Ehgoetz Martens e Ellard, Almeida hanno coinvolto 31 partecipanti.

Precedenti studi hanno dato prova che questo tipo di indurimento delle estremità inferiori si osserva quando uno attraversa un vicolo o un cunicolo buio, angusto e soggettivamente percepito come interminabilie.

Lo studio aveva lo scopo di stabilire, attraverso l’utilizzo della realtà virtuale, se l’ansia potesse effettivamente essere una causa diretta della paralisi.

Per accertarlo hanno coinvolto 31 partecipanti, immergendoli nella realtà virtuale. 17 dovevano fare attraversare il proprio avatar (il personaggio che rappresenta chi gioca) sopra una tavola;

Per approfondire

I restanti 14 si vedevano fare lo stesso percorso solo che la stavolta la
tavola era sospesa su un precipizio affossato tra due pareti strette e buie.

Un programma apposito per PC misurava il movimento “infuso” ai propri “alter-ego” ; inoltre, dopo ogni prova i volontari compilavano un
questionario sull’ansia.

L’esito ha dimostrato che quanto più i soggetti vivevano la situazione con ansia e preoccupazione, tanto più i passi dei loro avatar risultavano più
lenti, esitanti e il loro movimento era più cauto e legnoso.

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