L’uomo è, invece, l’unico essere vivente che lo fa per alleviare il dolore emotivo o fisico o come forma di comunicazione.
E’ proprio per questa peculiarità che è molto difficile restare indifferenti al pianto, specie dei bambini e soprattutto quando gli “uditori” sono dalle madri.
Il “potere” di attrazione del “frignottio” è così potente che perfino altri mammiferi ne sono catturati. Lo hanno provato i biologi canadesi Susan Lingle e Tobias Riede.
I due studiosi hanno registrato i lamenti di cuccioli di diverse specie di mammiferi (foche, marmotte, cervi cani, gatti, ma don anche bambini e di altri animali) mentre venivano separati dalle proprie madri o, comunque, si sentivano minacciati.
Dopo di chê, li hanno diffusi con degli autoparlanti nascosti nelle praterie di una riserva popolata da cervi mulo selvatici e cervi dalla coda bianca.
Hanno così appurato che le femmine di cervo venivano attirate dai singhiozzi dei neonati di mammiferi, bambini compresi, ma non dai piccoli di uccelli o di predatori.
Siamo così sintonizzati sul pianto del bambino che quando i gatti
emettono un vocalizzo simile (un misto fra le fusa e un miagolio) avvertiamo il senso d’urgenza e diamo loro da mangiare; come faremmo come un bambino.
Le psicologhe Karen McComb Anna Taylor, assieme ad alcuni colleghi lo hanno messo in luce sperimentalmente.
Il suono é talmente simile al pianto di un bambino da portare alcuni etologi a supporre che i felini domestici lo abbiano sviluppato proprio perché hanno “intuito” il richiamo che ha di noi.
“Il suono di un bambino che piange calamita l’attenzione di un adulto in un modo che non ha eguali”, commenta la psichiatra Katie Young che ha condotto un nuovo studio sul tema.
La Young, assieme a Christine Parsons ed altri ricercatori hanno scansionato il cervello di 28 persone mentre ascoltavano i “piagnistei” di bambini e adulti e vocalizzi di animali in pericolo o sotto stress.
Il risultato ha dato prova che l’attività cerebrale dei volontari era molto più intensa quando ascoltavano il pianto dei bambini rispetto a tutti gli altri suoni.
Inoltre, la reazione del cervello ai vagiti era la più rapida: mediamente 100 millisecondi.
Questa risposta è stata registrata principalmente in due regioni del cervello. Una è il giro temporale medio, un’area coinvolta nell’elaborazione emotiva e del linguaggio; l’altra area è la corteccia orbitofrontale, una zona ben nota per il suo ruolo chiave nel cosiddetto circuito della ricompensa (cioé di quello che ci da un senso di appagamento e piacere).
Curiosamente, la recettività degli adulti era la stessa, indipendentemente dal fatto che avessero figli o meno.
Per approfondire |
L’esito dimosatra a chiare lettere che il nostro cervello è strutturato per sintonizzarsi sul pianto di un bambino, così da provvedere con prontezza ai suoi bisogni.
A riprova di quanto emerso Il team ha condotto un altro esperimento.
In questa seconda fase i partecipanti hanno giocato ad un videogioco in cui conta la velocità dei riflessi, prima e dopo aver ascoltato dei suoni (tra cui, ovviamente, il pianto di un neonato).
Bene, dopo aver sentito gli strilli dei piccoli la reazione era molto più rapida e precisa a confronto di prima e a paragone con gli altri vocalizzi.