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Le emozioni possono alterare la vista

La medicina riconosce che alcune disfunzioni organiche come l’ipoglicemia, l’ipertesione o la disidratazione possono provocare delle alterazioni dell’acuità visiva; lo stesso, ma in modo più grave, può succedere con malattie come il diabete, l’ipotiroidismo o la sclerosi multipla.

Quello che è poco noto é le alterazioni della vista possono essere causate anche dal disagio psicologico o dall’esperienza emotiva.

La depressione, ad esempio, rende davvero il mondo più grigio. Lo ha provato un’equipe di ricercatori della Albert Ludwig University di Freiburg in Germania. Applicando elettrodi vicini agli occhi di individui depressi e sani, questi studiosi hanno rilevato che i recettori della retina sono meno reattivi in chi vive questo disturbo, con la conseguenza di ridurre la percezione del contrasto.

Un’altro studio ha messo, poi, in evidenza che specifiche alterazioni della vista e del modo di guardate sono legate al metabolismo della seratonina (mediatore chimico cerebrale coinvolto in prima battuta nello sviluppo della depressione).

L’esperimento é stato messo a punto dagli psicologi norvegesi Rune Jonassen, Olga Chelnokova, assieme ad altri colleghi. Partendo dalla constatazione che, dopo l’assunzione di SSRI (farmaci che impediscono la ricaptazione – diminuzione- della serotonina) si assiste a dei cambiamenti cognitivi edito emotivi hanno voluto questi studiosi hanno voluto individuare i processi percettivi che stanno dietro a questi effetti.

Per fare luce su questi meccanismi, i ricercatori hanno fatto assumere una singola compressa di uno dei più comuni antidepressivi, il citalopram (20 mg) oppure un placebo (una sostanza priva di qualsiasi efficacia) a 25 donne sane.

Per assicurarsi di non influenzare le reazioni delle partecipanti o che queste fossero suggestionate dall’idea di prendere un farmaco, né queste né gli sperimentatori sapevano chi assumesse cosa.

Successivamente, le volontarie sono state invitate a guardare delle foto di volti con lo sguardo diretto o orientato altrove. Durante la fissazione, venivano monitorata la dimensione delle loro pupille e i movimenti dello sguardo con l’eye tracker (Un apparecchiatura che rileva lo spostamento degli occhi).

Ne è emerso che, benché sul piano soggettivo ne chi aveva ingerito l’antidepressivo né chi aveva preso il placebo avesse avvertito emozioni o sensazioni particolari, i movimento degli occhi era cambiato nelle prime.

Rispetto al gruppo che aveva preso il placebo chi era stato “dopato” con il citalopram, mostrava un maggior numero di saccadi (rapidi movimenti degli occhi che servono a mettere a fuoco un punto o un oggetto di attenzione) e un tempo di fissazione ridotto nel guardare le facce; inoltre, il suo sguardo si posava di meno sugli occhi della persona ritratta e le sue pupille apparivano più dilatate.

In definiva, la somministrazione di un ricaptatore della serotonina dà luogo a dei cambiamenti nel comportamento visivo che si osservano in chi é ansioso e proprio l’ansia é fra i più comuni effetti collaterali che si possono presentare all’inizio dell’assunzione di antidepressivi.

L’ansia influenza in modo profondo la percezione visiva, specie se prende la forma di fobia sociale (una forma estrema di timidezza). Lo hanno dimostrato sperimentazione gli psicologi australiani Kaye Horleya, Lea Williamsa, Craig Gonsalvez e Evian Gordon.

Per verificarlo hanno coinvolto 15 soggetti affetti da fobia sociale e 15 individui “sani”. A tutto il gruppo sono state mostrate delle facce con espressioni felici, tristi o neutre.

Lo spostamento degli occhi é stato registrato usando una tecnologia, chiamata CEDRIC Marck II, che consiste in un sistema di monitoraggio dello sguardo grazie all’uso degli infrarossi (praticamente, i riflessi della retina e della cornea prodotti dagli infrarossi sono registrati da una videocamera che si attiva ogni 20 millisecondi per ottenere l’esatto punto di fissazione dello sguardo).

Dall’esame dei rilievi di questa apparecchiatura é emerso che chi soffriva di paura delle relazioni sociali tendeva a evitare di sostare con lo sguardo sui volti ritratti, in particolare per quanto riguarda la zona degli occhi.

Un’alta frequenza di movimenti saccadici é segno di una tendenza all’impulsività. Ne hanno dato prova i neuroscienziati Jennie Choi, Pavan Vaswani e Reza Shadmehr. Questi ricercatori hanno esaminato la velocità con cui i partecipanti coinvolti nell’esperimento spostavano gli occhi e la loro inclinazione a prendere le decisioni in modo riflessivo oppure di getto; hanno così appurato che chi apparteneva a quest’ultima categoria muoveva gli occhi con una rapidità superiore del 50% rispetto a coloro che erano più “pazienti”.

Secondo gli autori dello studio, questa correlazione sarebbe indice che esiste uno stretto legame neurologico tra il modo in cui il cervello valuta se “é meglio un uovo oggi o una gallina domani” e il tempo con cui spostavano lo sguardo.

Il tempo in cui sostiamo a guardare qualcosa non rivela solo un’emozione o un inclinazione del temperamento, ma può condizionare anche forme complesse di pensiero, come il giudizio morale. E’ quanto hanno dimostrato gli psicologi svedesi Philip Pärnamets, Petter Johansson, Lars Hall e altri colleghi.

Per approfondire

Nel loro studio hanno invitato i soggetti a scegliere tra due alternative (una più utilitaristica e l’altra più altruistica) che riguardavano temi etici, come il sesso, la morte o la religione specificate in un testo.

I ricercatori hanno, però, manipolato il tempo di lettura, scoprendo così che era possibile influenzare il soggetto in un senso o nell’altro (verosimilmente, limitando l’elaborazione della decisione).

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