Recenti studi hanno dimostrato che l’alternarsi di fasi in cui adagiamo i “lombi” e momenti di animazione e movimento sono regolati da un ritmo biologico: il che, aggiunto al buon senso, fa capire come la sedentarietà forzata sia una condizione innaturale e, come i pochi minuti liberi per poter sgranchire le gambe e scambiare quattro chiacchiere o svagarsi non compensano il disagio patito.
Non bastasse, le recenti ricerche sull’apprendimento dimostrano che la postura china o scomposta tipicamente assunte quando si sta seduti a lungo vanno anche a detrimento dell’efficienza mentale, rendendoci più indolenti, distratti e insofferenti.
In tempi recenti, alcune istituzioni scolastiche e universitarie hanno introdotto una nuova “postazione” per gli studenti (adottata, per altro, anche in alcunii uffici) in cui chi si dedica allo studio o ad un lavoro può scegliere se stare in piedi o seduto.
Per verificare se una postura o l’altra renda più profiquo l’apprendimento, gli psicologi Ranjana Mehta, Ashley Shortz e Mark Benden hanno coinvolto 34 matricole delle scuole superiori.
Ai volontari é stato chiesto di restare in posizione eretta durante lo svolgimento delle lezioni: per accertarsi se questa postura incidesse sullapprendimento, i ricercatori hanno valutato le loro abilità cognitive con degli specifici test in due momenti: all’inizio del primo semestre e nuovamente al termine del secondo.
Inoltre, hanno monitorato l’attività cerebrale della corteccia prefrontale (una struttura cardine per le capacità di ragionamento) utilizzando la La fNIRS (functional near infrared spectroscopy – spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso, una nuova tecnica di imaging particolarmente flessibile e accurata).
L’esito dell’indagini ha messo in luce che le performance degli studenti erano visibilmente migliori rispetto a quelle di partenza; per altro, la fNIRS ha comprovato questo dato, mostrando che lo stato di attività di quella regione del cervello era diventa molto più intensa.
Conducendo ricerche sull’impatto della postura (seduta o eretta) sulle funzioni cognitive, A. M. Woods, studioso alla Southern University di Los Angeles, é giunto a conclusioni analoghe: i partecipanti dei suoi studi (specie quelli in età) trovavano un grande giovamento dal fare delle operazioni mentali in posizione eretta.
Secondo lo psicologo, stare in piedi aumenta la velocità di elaborazione dei processi cerebrali.Il fenomeno sarebbe da imputare al fatto che la postura eretta determina una maggiore stato di eccitazione della RAS (sistema reticolare attivatore ascendente): un aggregazione di neuroni del tronco encefalico responsabile dello stato di eccitazione nervosa e dello stato di vigilanza.
Per altro, già negli anni sessanta, lo psicologo Walter Isaac, ricercatore della Emory University aveva scoperto, lavorando con le scimmie, che sollecitando la RAS con un aumento di input sensoriali o con impulsi elettrici si potenzia l’attività del nucleo reticolare del talamo (una regione collegata all’attenzione e allo stato di coscienza) e si migliora la reattività agli stimoli.
Indagini analoghe hanno messo in evidenza che la posizione eretta, porta a registrare uno “stato di allerta” dei barorecettori (i recettori che misurano il livello della pressione alta nelle arterie carotidee, a lato del collo) e questa condizione é stata associato un più alto grado di eccitazione fisiologica e, a livello cerebrale, una maggiore densità di onde beta (il ritmo connesso con lo stato di veglia).
Per avere un miglioramento dell’efficienza mentale, tuttavia, non é necessario stare “composti” per un intero semestre…alle volte, bastano pochi minuti (naturalmente, l’effetto é meno durevole).
Lo ha dimostrato uno studio condotto da Tomi-Ann Roberts e Yousef Arefi-Afshar. Questi ricercatori hanno reclutato 60 volontari, chiedendo loro di eseguire un test d’intelligenza. Dopo questa prova ad alcuni é stata fatta assumere una postura eretta per tre minuti; ad altri una posizione comoda e rilassata per lo stesso tempo.
Dopo aver fatto le “belle statuine”, i partecipanti sono stati invitati a tornare alla posizione naturale e a svolgere un compito di matematica e, successivamente, a compilare un questionario sul loro umore.
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L’esito ha messo in luce che gli uomini del gruppo che erano rimasti in piedi avevano completato la verifica in minor tempo e in modo corretto; per contro, chi si era “svaccato” stentava a trovare la soluzione e aveva fatto più errori; anche il morale dei primi appariva più baldanzoso a paragone di chi si era “adagiato”.
Sorprendentemente, per le donne era successo l’esatto contrario.
Questa incongruenza sarebbe spiegabile al fatto che per le donne “spalle larghe e petto in fuori” é una postura non in linea con la loro educazione e quindi si sarebbero sentite a disagio; questo turbamento, di conseguenza, avrebbe portato un peggioramento delle loro prestazioni.