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La birra aiuta a combattere lo stress

È’ una conoscenza diffusa che gli estratti di alcune erbe come valeriana, passiflora, melissa o camomilla hanno proprietà calmanti, ma chi l’avrebbe detto che anche una delle bevande più diffuse, la birra, abbia lo stesso effetto e forse anche in modo più efficace.

Certo, in parte questo effetto è imputabile all’alcol (la cui concentrazione nella birra di norma é bassa).

L’alcol, agisce riducendo l’attività della PFC, corteccia prefrontale, del cervello (una regione legata ai processi cognitivi più sofisticati) e questo fa sentire più disinibiti, socievoli e sicuri di sé.

I neuroscienziati Carl Weitlauf e John Woodward hanno scoperto questi benefici psicologici sono determinati dal fatto che i recettori dell’acido N-metil-D-aspartico dei neuroni della PFC (NMDA) sono particolarmente sensibili all’alcol e quindi sotto l’effetto di questa sostanza alterano l’efficienza di questa struttura.

Gli studi hanno trovato che il luppolo che conferisce alla birra il suo caratteristico sapore amaro è un efficace sedativo (induce calma e facilita il sonno), spesso senza effetti collaterali indesiderati.

Ad esempio, uno studio dei biologi spagnoli Lourdes Franco, Cristina Sanchez, Rafael Bravo, assieme ad altri studiosi ha esaminato gli effetti della birra non alcolica con il luppolo al momento della cena. I ricercatori hanno scoperto che le donne che se l’erano “scolata” mostravano miglioramenti nella qualità del sonno. I partecipanti hanno riportato, inoltre, una riduzione dello stress e dell’ansia.

Il suo meccanismo d’azione é legato soprattutto all’effetto delle sue resine amarognole, lupulone e l’umulone, più precisamente i metaboliti della loro ossidazione, in particolare il 2-metil-3-buten-2-olo.

La funzione di questa sostanza é aumentare l’attività del neurotrasmettitore GABA (acido gamma aminobutirrico) un sedativo del sistema nervoso centrale.

Un’altro costituente della birra sembra svolgere un ruolo fondamentale nel determinare l’effetto “rinfrancante” di questa bevanda: l’ordenina.

Questa sostanza, presente appunto nella birra e nel malto d’orzo agisce sul cosiddetto “circuito della ricompensa” del cervello: la sua assunzione porta queste molecole ad attraversare la barriera emato-encefalica (una specie di filtro tra cervello e il resto dell’organismo) grazie al fatto di essere disciolte nell’alcol.

Una volta entrata in “testa”, “risale la corrente” fino ad incastrarsi nei recettori della dopamina nel nucleo accumbens (il fulcro di questo circuito).

La dopamina (cui l’ordenina somiglia nella composizione chimica) é la molecola che accende il senso del piacere e toglie il senso di sazietà, per cui non se ha mai abbastanza.

A questa conclusione sono giunti Thomas Sommer, Harald Hubner, Ahmed El Kerdawy, assieme ad altri colleghi, grazie ad un’indagine che ha comportato l’esame di un database di 13.000 sostanze alimentari per individuare quelle che per struttura chimica siano in grado di “mimare” l’effetto della dopamina. Proprio, l’ordenina è stata identificata come la più idonea a ricoprire questo ruolo.

Per approfondire
Il Linguaggio Segreto dei Sintomi

Bere birra può aiutare anche a “usare meglio la testa”. Lo hanno dimostrato
i biologi Daniel Zamzow, Valerie Elias, C LeeCole Legette, che assieme ad altri colleghi hanno scoperto che lo xantumolo, un tipo di flavonoide individuato nella birra, rafforza le capacità cognitive … almeno in giovani
topi (non però nei ratti in età).

La dose di questa sostanza somministrata ai roditori era, però, piuttosto elevata; così alta che per avere la stessa concentrazione un uomo dovrebbe bere 2.000 litri di birra al giorno!

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