
Un rumore da “impazzire”
Può essere percepito come un sibilo, un ronzio e perfino come lo sferragliare di una sega elettrica: si tratta dell’acufene; uno dei disturbi acustici più comuni e invalidanti.
Il più delle volte non ha una origine organica o persiste anche dopo che le eventuali cause fisiologiche si sono risolte.
Fino adesso il processo che procura questo fastidioso sintomo era del tutto sconosciuto. Ora, però con la collaborazione di un paziente epilettico é stato possibile accertare che il problema risiede nel cervello e non nelle strutture dell’orecchio.
Il merito della scoperta va a William Sedley, ricercatore all’Universitá di Newcastle in Inghilterra e ai suoi colleghi. Questa equipe di medici ha approfittato di una rara opportunità: studiare l’attività cerebrale in un uomo con l’acufene che stava subendo un intervento chirurgico per l’epilessia.
Dal momento che il cervello non ha recettori del dolore, una volta anestetizzata lo scalpo, il paziente può restare vigile per tutto il corso dell’operazione.Per questa ragione, i chirurghi hanno potuto impiantate degli elettrodi nel cervello sia per identificare il punto d’origine dell’epilessia, sia per tracciare il percorso neurologico dell’acufene.
Per prima cosa, i medici hanno fatto sentire all’uomo 30 secondi di rumore bianco (un rumore che comprende tutte le frequenze sonore) che ha soppresso il suo acufene per circa 10 secondi. Al paziente é stato chiesto di valutare il suo acufene prima del rumore bianco e dopo averlo somministrato.
Esaminando le registrazioni degli elettrodi, la squadra di Sedley ha scoperto che l’attività cerebrale rilevata durante la percezione dell’ acufene era molto più diffusa di quanto si pensasse. Così, si é appurata un’attività superiore al normale nella corteccia uditiva primaria – un’area del cervello coinvolta in prima battuta nell’elaborazione del suono.
Questo poteva essere previsto: quello che i ricercatori non sospettavano è che fossero coinvolte tutte le regioni implicate nella reazione ai rumori, come le strutture che controllano l’attenzione, la memoria e le emozioni.
In sostanza, questo comporta che si creasse uno stato di “allarme” generalizzato che amplificava la sensazione del rumore fino a renderlo insopportabile; cosa che non sarebbe successa altrimenti; anzi, probabilmente non sarebbe nemmeno stato colto dalla coscienza.
“É come quando attraversi in vicolo buio e ti accorgi di ogni piccolo rumore che normalmente passa inosservato“, commenta Sedley”.
In definitiva, questa é la prima dimostrazione sperimentale che l’acufene é soprattutto una questione emotiva.
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