
I gesti influenzano il pensiero
Con questo gesto, molto comune fra i popoli occidentali, esprimiamo emozioni e sentimenti nobili come l’onestà, la giustizia, la tenerezza o la compassione.
Partendo da questi presupposti Michal Parzuchowski and Bogdan Wojciszke, ricercatori dell’Università di Scienze Sociali e Umanistiche di Sopot, in Polonia, hanno supposto che l’associazione fra il gesto e i concetti cui é legato sia così forte che se induciamo qualcuno a porre, con un pretesto, la mano sul petto, sarà più incline ad essere leale e sincero.
Per verificarlo, per prima cosa, hanno prima cosa, voluto accertarsi che l’associazione fra questo gesto e il significato che gli viene attribuito valesse per il campione di partecipanti che prendeva parte allo studio. Hanno, così, reclutato 118 volontari della zona cui hanno chiesto di esprimere un giudizio su una persona ritratta in una foto. Lo scopo dichiarato (ma fittizio) dello studio era valutare la capacità di decodificare le espressioni comunicative.
Il soggetto in “esame” era una donna che Indossava un abbigliamento sobrio e ordinario, in modo da renderla piuttosto anonima. Della foto venivano mostrate, in modo casuale, due versioni: in una teneva la mano sul cuore; mentre nell’altra sull’addome. Una volta vista l’immagine, ai partecipanti veniva chiesto di indicare che cosa comunicava quella posa.
Ne é emerso che il 49% dei volontari ci riconosceva il gesto di porre la mano sul petto con segno di onestà; per contro, solo il 18% leggeva questo valore nella mano poggiata sulla pancia.
Assodata quindi la solidità dell’associazione, i ricercatori sono passati alla sperimentazione vera e proprio. In questa fase dello studio 37 studenti hanno ascoltato le registrazioni dei discorsi di delle candidate ad un posto di lavoro.
In modo del tutto casuale, agli studenti è stata data la fotografia di una donna che a seconda della foto, la mano sul cuore, entrambe le mani dietro la schiena o tutte e due le mani tenute lungo i fianchi. Nella registrazione, la presunta candidata faceva una serie di dichiarazioni vanagloriose; alcune, per altro, decisamente poco attendibili.
Ai partecipanti veniva, quindi, chiesto di ascoltare il discorso della persona in questione mentre ne guardavano la fotografia e di quindi valutare le presentazioni in termini di credibilità.
Come previsto, i partecipanti che aveva ascoltato il discorso guardando una fotografia della candidata con la mano sul cuore, trovavano le sue affermazioni più affidabili rispetto a chi aveva osservato altre pose.
Ai partecipanti veniva, quindi, chiesto di ascoltare il discorso della persona in questione mentre guardavano la fotografia e successivamente d valutane la credibilità.
Come previsto, i partecipanti che aveva ascoltato le presunte affermazioni guardando una fotografia della candidata con la mano sul cuore, trovavano le sue affermazioni più sincere e genuine rispetto a chi aveva osservato altre pose.
La scoperta più interessante dello studio é emersa, però, nella terza fase dell’esperimento.
Dopo i primi, “timidi” passi, infatti, i ricercatori hanno fatto un’ipotesi più azzardata: se uno, mentre esprime i suo pensiero, mette la mano sul cuore, sarà indotto ad essere più schietto e franco?
Per verificarlo, hanno coinvolto 48 volontari con l’obiettivo apparente di esaminare se la tensione muscolare potesse interferire con la capacità di giudizio.
Con questa idea, gli studenti ricevano l’istruzione di posizionare la mano sul fianco oppure sulla cassa toracica a sinistra (non veniva menzionata la parola “cuore”) mentre dovevano giudicare il grado di attrazione di alcune donne ritratte in foto: i ritratti erano di 10 rappresentanti del gentil sesso con gradi diversi di bellezza.
Raccolte le valutazioni e annotato in rapporto a quale posa fosse stati dati, è emerso che chi aveva messo la mano sul cuore giudicava le donne poco attraenti brutte; per contro, chi l’aveva sul fianco era più “benevolo” e le riteneva “carine.
In definitiva, l’atto di poggiare la mano sul cuore rendeva realmente le persone più schiette.
L’ultimo esperimento dava conferma di questa scoperta. Qui, i volontari dovevano risolvere dei problemi matematici a mente e riportare su un foglio quanti ne avessero risolti: naturalmente, questa procedura dava loro la possibilità di barare (cosa su cui gli sperimentatori contavano)
Anche in questo caso, con un pretesto veniva chiesto si partecipanti di portare una mano sul petto, su una spalla o di tenere le mani appoggiate sul foglio su cui avrebbero scritto.
L’analisi dai risultato ha corroborato quanto emerso nello studio precedente: chi aveva appoggiato la meni sul foglio dichiarava di aver risolto il 5,37 dei calcoli in 5 minuti. Quelli che avevano tenuto la mano sul cuore avevano segnato di aver trovato la soluzione al 5,50 dei problemi (quindi appena più alto del gruppo precedente). I migliori (a detta loro) erano coloro che aveano tenuto la mano sulla spalle con una media 7,78 problemi risolti.
Per approfondire |
![]() |
IDal momento che è altamente improbabile che il fatto di posare una mano sulla spalla potesse potenziare le abilità matematiche, signifificava che questi ultimi avevano imbrogliato.
In definitiva, porre la mano sul petto, mentre si fa qualcosa, fa
letteralmente leva sulla morale di chi lo fa, rendendolo più onesto.
Gli esiti di questo studio sono in linea con le altre indagini del filone dell’intelligenza corporea, che dimostra come attraverso posture, gesti, movimenti e stimolazioni sensoriali sia possibile influenzare il pensiero.