
La pigrizia e la neurogenesi
Chi l’avrebbe detto, però, che tenere i
muscoli a riposo influenzasse l’efficienza del cervello?
Eppure, è proprio ha appurato un’equipe mista di biologi e medici tutta italiana, guidata dai ricercatori Raffaella Adami, Jessica Pagano e Michela Colombo.
Già in precedenza, i neuroscienzati William Killgore, Elizabeth Olson e Mareen Weber, hanno voluto verificare se ci fosse un rapporto tra l’attività fisica e la quantità di materia grigia dell’ippocampo (la sede della memoria e dell’apprendimento).
Per accertarsene, hanno coinvolto un campione di persone adulte, di età compresa fra ib18!e 45 anni. A questo gruppo hanno chiesto di conteggiare e annotare il numero di minuti dedicati all’esercito fisico nell’arco della settimana per un certo numero di volte.
Raccolti questi dati hanno verificato se il volume dell’ippocampo subisse delle variazioni in rapporto alla quantità di ginnastica svolta, grazie ad apparecchiatura nota come morfometria basata su voxel (VBM).
Questo confronto ha evidenziato una chiara relazione tra tempo dedicato allo sport e la dimensione di questa regione cerebrale.
Un altro studio condotto dai biologi Christiane Wrann, James White, John Salogiannnis assieme ad altri colleghi, con un esperimento condotto con i topi ha messo in luce il meccanismo biochimico alla base di questo effetto.
Nei ratti messi in gabbie con una ruota che hanno corso per tutti i 30 giorni di “reclusione” è stato riscontrato un effetto a cascata indotto dallo “jogging”: per prima cosa è stato riscontrato un aumento di PGC-1α, una molecola che regola l’attività metabolica nei muscoli; questa, a sua volta, ha stimolato la “fabbricazione” della proteina FNDC5;
Quest’ultimo, poi, attiva il rilascio di BDNF (proteina neurotrofica derivata dal cervello), una sorta sin”ingegnere “ che provvede alla “manutenzione” dei neurosi e contribuisce a farne crescere di nuovi.
Quando il processo parte dall’esercizio muscolare, il punto del sistema nervoso centrale in cui si assiste all’aumento di BDNFè proprio una sezione dell’ippocampo, il giro dentato.
Tornando alla ricerca della Adami e del suo staff, il loro obiettivo era dimostrare che la sedentarietà provoca una “battuta d’arresto” della neurogenesi.
Per studiare l’effetto di questa posizione (condivisa oltre da chi è poltrone o da chi è fermo a letto a causa di malattie neuro degenerative e dagli astronauti- che fluttuano nelle navicelle) gli sperimentatori hanno preso come cavie dei topi,
Nello studio, ai topi di laboratorio è stato impedito di usare le zampe posteriori, ma non le zampe anteriori, per un periodo di 28 giorni. I topi continuavano a mangiare e a pulirsi normalmente e non mostravano segni di stress.
Alla fine del periodo, i ricercatori hanno esaminato un’area del cervello chiamata zona sub-ventricolare, che in molti mammiferi ha il ruolo di mantenere la salute delle cellule nervose.
È anche l’area in cui le cellule staminali neurali producono nuovi neuroni.
Per approfondire |
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La limitazione dell’attività fisica ha ridotto del 70% il numero di cellule
staminali neurali rispetto a un gruppo di controllo di topi a cui era consentito muoversi liberamente. Inoltre, sia i neuroni sia altre cellule cerebrali “di supporto” appaiavano “immature” quanto maggiore era l’immobilità
o l’inerzia.
In definitiva, questa indagine dimostra che fare dello sport (specie se comporta l’uso delle gambe, come la corsa o la bicicletta e praticato facendo sforzo) consente al cervello di restare “giovane”; questo si traduce in una migliore capacità nella gestione dello stress e contribuisce alla prevenzione di malattie neurovegetative come l’Alzheimer o la Sclerosi multipla.