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Mostrarsi dominanti fa sentire potenti

Mussolini lo faceva ogni volta che si sporgeva dal balcone. Mani fui fianchi, petto in fuori e mento sollevato: una postura che gli conferiva una aspetto dominante e baldanzoso… e verosimilmente, di rimbalzo, ringalluzziva Il Duce e pompava il suo senso di potenza.

Secondo alcuni studiosi, infatti, l’assunzione di queste pose non solo emana un’immagine di potere, ma di riflesso, rafforza l’idea di forza e vigore a chi le esibisce.

Questo assunto, che trova i propri spunti nei detti popolari, si basa su un una nuova corrente della psicologia che prende il nome di “Intelligenza Corporea” o “cognizione incarnata“.

Partendo da un’intuizione del filosofo e linguista George Lakoff, questo filone di pensiero ha dato prova, con numerose indagini, che le sensazioni fisiche (tattili, propriocettive, ecc.) possono influenzare il modo di pensare, l’umore e lo stato emotivo.

Uno studio degli psicologi Dana Carney, Amy Cuddy e Andy Yap (i cui risultati, però, hanno, suscitato reazioni controverse tra gli scienziati) ha dato prova che adottare posture ampie (a paragone con pose raccolte) aumenta la vanagloria e rende più audaci; inoltre, provocherebbe un incremento del testosterone (l’ormone maschile) e diminuirebbe il livello del cortisolo (legato allo stress e alla paura).

In un esperimento che ha cercato di replicare l’esito ottenuto da Carney e colleghi, i ricercatori Kristophe Smith e Coren Apicella hanno reclutato un campione di 247 partecipanti di sesso maschile. Si trattava di effettivi vincitori o perdenti di una competizione atletica.

Ai volontari, scelti a caso, era stato suggerito di mantenere per tre minuti una posa dominante, neutra o sottomessa. Contrariamente a quanto emerso nello studio di riferimento, questa equipe non ha riscontrato variazioni significative ne sul piano morale, ne su quello endocrinologico.

Solo in chi aveva vinto era stato registrato un aumento modesto del testosterone dopo aver posato da “leone”. Per gli sconfitti l’effetto opposto: un calo dell’ormone maschile e del senso di boria: verosimilmente, perché, sapendo che si trattava di una farsa, si sentivano ridicoli e umiliati a mostrarsi tronfi.

A prescindere dagli esiti di queste indagini (che per essere interpretate correttamente richiedono un’accurata analisi delle variabili – campione scelto, contesto, analisi statistica, ecc.), esaminiamo un nuovo studio che ha messo in evidenza che l’associazione tra il posture “espanse” e potere non è universale, ma dipende dal tipo di atteggiamento corporeo assunto e dal retroterra culturale e sociale.

La ricerca, condotta dagli psicologi Lora Park, Lindsey Streamer, Li Huang e Adam Galinsky, ha coinvolto 600 partecipanti, in parte americani; in parte asiatici (cinesi, sudcoreani e giapponesi).

Per valutare l’effetto soggettivo dell’assunzione di pose dominanti i ricercatori hanno selezionato tre posture di “potere”, messe a fuoco in precedenti indagini; hanno chiesto ai partecipanti di stare in quelle posizioni per tre minuti e poi di valutare la sensazione che provocava in loro a paragone con un’altra posa remissiva.

Una “figura” consistevano in una postura ampia in cui la persona ritratta era in piedi, appoggiata ad una scrivania, con le braccia larghe e le mani ruotate è appoggiato sul piano.

Nella seconda, il modello stava seduto, ma con la schiena eretta, con una gamba posta in diagonale sull’altra e la caviglia appoggiata sul ginocchio; infine, un braccio tenuto sul bracciolo e l’altro sulla scrivania.

Nella terza, il soggetto era seduto e gambe e piedi venivano tenuti sulla scrivania, mentre le braccia erano sollevate con le mani incrociate dietro la nuca.

La posa a gambe intrecciate sopra la scrivania ha suscitato un giudizio pressoché unanime: veniva vissuto sia dagli americani sia dagli asiatici come non conforme ai costumi in uso in oriente, inclini a modestia, umiltà e moderazione. Per contro, per gli americani era un ostentazione molto incisiva di potere. Inoltre, i modelli americani che erano rimasti in questa posa per tre minuti provavano un impulso a passare all’azione; mentre, gli asiatici, che si sentivano a disagio in quella posizione, li induceva a sentirsi addirittura più inibiti.

Per i partecipanti di “ogni dove”, la posizione dell’uomo appoggiato alla scrivania con le mani lontane dal tronco suscitava (anche a paragone con le altre pose di “potere”) la maggiore sensazione di sicurezza di sé e dominanza.

In generale, questi risultati suggeriscono che le posizioni “espanse” provocano in cui le adotta un effetto che è determinato dalla cultura di provenienza “, commenta Park.

Per approfondire
I Segreti dell'intelligenza corporea

Alcune posture, come tenere le braccia larghe e le mani intrecciate dietro la
la nuca o stare di fronte alla scrivania con le mani lontane dal corpo
” aggiunge, “fanno sentire le persone di tutte le culture più potenti”. Al contrario, le posizioni dominanti che violano le norme culturali, come
mettere i piedi sulla scrivania, possono far provare un senso di inadeguatezza e imbarazzo.
”, puntualizza l’autore.

È l’appropriatezza rispetto alle norme sociali della cultura di provenienza che determina l’impatto psicologico di una postura ampia o raccolta su chi
osserva e su chi le assume
“, conclude Park.

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