
Il nome influenza il sex-appeal
Un nome é “per sempre”
Quando i genitori scelgono un nome per il figlio si tratta sempre di una decisione difficile e “sofferta”: mettergli un nome comune, uno poco sentito e prestigioso; quello del nonno o quello di un attore famoso? Insomma, affibbiare questa “etichetta” è un vero dilemma.
Lo studio
Si tratta comunque di un cruccio motivato; una recente ricerca della Psicologa Amy Perfors del Massachussetts Institute of tecnology ha dimostrato che anche il nome conta non poco nella percezione del fascino di una persona.
Per stimare in che misura un nome incida sull’avvenenza di una persona, la Perfors ha messo 24 foto di amici su www.hotornot.com; un sito in cui i ritratti degli iscritti possono essere valutati dai visitatori su una scala da uno a 10. Di regola i nomi non compaiono nelle foto, ma per il suo esperimento la ricercatrice li ha aggiunti, inserendo nomi veri o fittizi.
Dopo un certo periodo di tempo, ha rilevato le valutazioni; in seguito, ha ricaricato le stesse foto attribuendo ai partecipanti nomi diversi da quelli precedenti e ha, nuovamente raccolto i giudizi.
L’esito ha dato ragione alla sua ipotesi: nomi che suonavano in modo diverso procuravano effetti diversi.
Nome=fascino
Per quanto riguardava i soggetti maschili, questi erano trovati più attraenti quando venivano loro attribuiti dei nomi le cui vocali sono prodotte con la parte anteriore della bocca, come nel caso di “e” o “i”: ad esempio Nick and Matt. Per contro, nomi con vocali piene o arrotate come “u”, dove la vocale dominante e realizzato con la parte posteriore della gola, piacevano di meno; così, chi aveva un nome come Paul o Charles veniva valutato meno bello. Il contrario valeva per le donne; quelle con nomi come Jess o Ann erano ritenute meno affascinanti di chi veniva chiamata” Julie o Susan.
Più o meno sessista?
La psicologa ha fatto un ulteriore scoperta: le connotazioni culturali di un nome possono influenzare quanto la persona che lo porta possa piacere. Chiedendo ai giudici di valutare la mascolinità o femminilità dei nomi, ha così appurato che i maschi cui venivano assegnati nomi “virili” erano quelli che piacevano di più: i nomi più “machi” contenevano consonanti dure come “b” o “k”.
Curiosamente, la regola non valeva per le donne: trovano i maggiori consensi, quelle che portavano nomi fortemente femminili, ma anche molto mascolini; mentre, venivano trovate meno piacenti le rappresentanti del gentil sesso con i nomi neutri.
L’effetto delle vocali sul giudizio formulato dai giudici è, a detta dell’autrice dello studio, completamente inconscio e risponde a delle regole universali per cui queste particelle del linguaggio evocano in tutti delle associazioni simboliche.
Anche i nickname hanno il loro peso
Un altro interessante esperimento, ha dato prova che anche il fatto di usare il nome o un diminutivo ha il suo impatto nell’attraenza.
Anche in questa seconda indagine, gli autori, gli psicologi Gregory Webster, Angela Bryan, e Rene Bator dell’Università americana del Colorado hanno esaminato l’effetto che il nome ha sulla percezione di una persona. Per controllare questo impatto, hanno mostrato ad un gruppo di partecipanti delle foto; in un caso, non erano abbinate a nessun nome; nel secondo, a un diminutivo (es. Ale) e nel terzo al nome di battesimo vero e proprio (ad esempio, Alessandro).Tirando le somme, hanno constatato che il nome intero dava più punti alla persona ritratta rispetto al nome “tronco”.
I risvolti pratici
Per approfondire |
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Tutto questo, può tornare decisamente utile quando ci iscrive ad una chat o ad un sito di incontri amorosi: se un uomo si da un nickname è meglio che si attribuisca un nome che le cui prime vocali siano “a” o “i” e che sia mascolino (come Marco o Simone) e che non sia abbreviate; alle donne, invece, conviene scegliere uno username che abbia la “u”come vocale primaria (come Susanna), che suoni femminile (come Luana) e che non sia un diminutivo (non quindi Susy).