Appena nel 2011, grazie ad uno studio pioneristico degli psicologi scandinavi Sakari Kallio, Jukka Hyönä, Antti Revonsuo, assieme ad altri colleghi, é stato possibile individuare in delle anomalie del comportamento oculare i segni distintivi dello stato ipnotico.
Sempre nello stesso studio, é stato postulata l’ipotesi che ha guidato le indagine successive e, cioé, che questi cambiamenti fossero da imputare alla connessione tra occhio e corteccia prefrontale (la regione cognitiva del cervello).
L’analisi dei circuiti anatomofisiologici ha così portato alla conclusione che proprio dal lobo frontale si genera una trasmissione nervosa che, passando per il FEF (campo visivo frontale) e il nucleo pontino (una regione alla base del cervello) raggiunge i muscoli dell’occhio provocando delle alterazioni motorie (sfarfallio delle palpebre, rotazione dei bulbi, strabismo, ecc.) che segnalano appunto lo sviluppo di ipnosi.
il segnale più comune rilevato da buona parte degli ipnotisti è lo sfarfallio delle palpebre: un ammiccamento estremamente rapido, caratterizzato da un movimento involontario, ritmico e stereotipato.
Si pensi che comumemente noi chiudiamo le palpebre da 12 a 14 volte al minuto: in questo caso, la frequenza può accelerare fino a raggiungere i 180 battiti al minuto; l’effetto é paragonabile a quello di quando vediamo un colibrì che sbatte le ali. Questo segnale si presenta solitamente all’entrata in trance, ma può persistere anche per qualche decina di minuti dopo il suo esordio.
La comparsa spontanea di questo segnale (in forma più mitigata e breve) in normale condizione di veglia può essere un segno predittivo di una buona risposta all’ipnosi e che verosimilmente si manifesterà in maniera completa durante l’induzione; inoltre, Milton Erickson (uno deipiù noti ipnologi di tutti i tempi) ha constato che se il soggetto produce un breve sfarfallio prima della chiusura degli occhi, è probabile che svilupperà un buono stato di trance.
Un altro cambiamento fisiologico tipico della trance é il rovesciamento dei bulbi oculari. Gli occhi in posizione naturale sono rovesciati (tanto é vero che quando dormiamo o siamo svenuti aprendo l’occhio si vede solo la sclera, cioé la parte bianca: è solo il tono dei muscoli oculomotori che li tiene in “asse”.
Quando il sistema nervoso entra nella modalità “parasimpatica” (diminuzione di frequenza cardiaca, respiro, pressione e riduzione del tono muscolare – una condizione conosciuta in ipnosi come inerzia psico-motoria) anche i muscoli extraoculari diventano “flaccidi” e il bulbo tende a ruotare verso l’interno. Al tempo stesso, questa rotazione attiva il riflesso oculo-vestibolare (il vestibolo é un organo dell’oreccchio interno responsabile del senso dell’equilibrio), portando il soggetto a perdere la stabilità e a cadere (dandogli, in questo modo la sensazione di una perdita di coscienza).
Herbert Spiegel, un noto psichiatra americano esperto di ipnosi, in seguito all’osservazione che i partecipanti maggiormente suscettibili all’ipnosi mostravano una capacità insolita girare gli occhi verso l’alto, ha invitato otre 2000 volontari a produrre questa azione e a sottoporsi ad alcuni dei più comuni test per misurare il grado di ipnotizzabilità: ha, così scoperto, che nel 75% dei casi i due indizi erano correlati.
Questa constatazione ha portato lo studioso a elaborare un test (che si esegue in pochi secondi) in cui al soggetto viene chiesto di ruotare, quanto più gli riesce, gli occhi: maggiore é la quantità di sclera visibile, migliore é la risposta all’ipnosi.
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