
Sbadigliare é universale
Solitamente, qeusto comportamento si compone di tre fasi: in primo luogo, una lunga presa d’aria; poi, la bocca viene spalancata al massimo e infine , viene emessa una rapida espirazione, che talvolta é accompagnata da uno stiramento. Dopo aver sbadigliato, in genere, si avverte un senso di benessere e di rilassatezza.
Non esiste un centro nevralgico strettamente associato con il riflesso dello sbadiglio, ma alcune strutture cerebrali, come l’ipotalamo, la ghiandola pituitaria, e il tronco cerebrale sono essenziali per la sua esecuzione.
Alcuni scienziati hanno anche ipotizzato che le forti contrazioni dei muscoli della mascella durante sbadigli possano stimolare la formazione reticolare (la “centrale” energetica dell’organismo, situata alla base della nuca) e favorire così lo stato di veglia.
Alle volte sbadigliamo perché siamo assonnati, affamati, annoiati e perfino in ansia. Il motivo più comune per cui lo facciamo però é un altro: vedere o ascoltare qualcun altro che lo fa. La “virulenza” di questa’azione é tale che ne siamo contagiati anche se vediamo una persona farlo in foto o, addirittura, pensiamo semplimente all’atto.
Contrariamente a quanto ci tramandano le credenze popolari, un nuovo studio condotto presso la Duke University suggerisce che l’effetto contagioso degli sbadiglio, non dipende tanto dal grado di empatia (la capacità di metterci nei panni degli altri – un aspetto che però risulta nelle altre ricerche al riguardo), dalla stanchezza o dalla fame.
La nuova ricerca ha, infatti, messo in luce che la tendenza a imitare chi sbadiglia tende a diminuire con l’avanzare degli anni e, sembra, non sia legata all’immedesimazione.
Uno studio precedente ha rilevato, per altro, che la maggior parte dei bambini non sono suscettibili allo sbadiglio contagioso fino a circa quattro anni, e che i piccoli autistici non ne sono toccati anche più in lá.
Questo dato potrebbe essere in linea con un’altra ricerca condotta da Brian Rundle, Vanessa Vaughn e Matthew Stanford. Questi studiosi hanno infatti scoperto che chi ha tendenze psicopatiche é meno suscettibile al contagio da sbadiglio.
Grazie al loro esperimento, i ricercatori hanno accertato che maggiore è l’inclinazione verso una condotta antisociale, meno la persona si lascia contagiare quando esposta a qualcuno che sbadigli. In effetti, il disturbo autistico e la tendenza sociopatica sono accomunati da un deficit della capacità di provare un senso di empatia.
Sebbene il contagio interpersonale dello sbadiglio sia spesso irresistibile, lo facciamo anche quando siamo del tutto soli; questo fatto dimostra che il motivo per cui ci viene da sbadigliare sia più profondo e atavico.
L’ipotesi più accreditata é che la sua funzione primaria sia di raffreddare il cervello. Per cause esterne (un clima troppo caldo o un termostato regolato troppo alto), interne (febbre, eccitazione, o esercizio fisico) o emotive (quando ci si scalda per la frustrazione, la rabbia o per dei pensieri tormentosi) nel cervello la “colonnina del mercurio” può salire a livelli allarmanti, compromettendo il suo funzionamento.
Sarebbe proprio per questo motivo per cui sbadigliamo: in modo analogo a quanto fa la ventola del computer, sbadigliando immetteremmo nel corpo aria fresca che raffredderebbe il sistema nervoso centrale … ma solo se fuori fa freddo.
Lo sbadiglio servirebbe allora a riportare la temperatura del sistema nervoso centrale a valori ottimali, ventilandolo con l’azione dello sbadiglio.
Lo psicologo Andrew Gallup e il biologo Omar Eldakar hanno, infatti, scoperto che le persone sono più inclini a sbadigliare in inverno; questo per il fatto che in quella stagione l’aria esterna é più fredda della temperatura del corpo.
Gli studiosi hanno anche accertato che nella stagione calda le persone sbadigliano di meno rispetto all’inverno. L’indagine è stata condotta su 160 persone in Arizona, testandole sia nella stagione fredda sia quando faceva caldo per un periodo di cinque anni. Rispetto all’estate, in inverno, i partecipanti sbadigliavano in media due volte più spesso.
Sbadigliare non ê un comportamento caratteristicamente umano, ma lo si può osservare pressoché in tutti i mammiferi: dalle scimmie, ai leoni; dalle foche ai koala.
Un nuovo studio pubblicato su Biology Letters dal “solito” Gallup, assieme a Allyson Church, Anthony Pelegrino messo in luce che iil tempo impiegato da un mammifero per completare uno sbadiglio ha una stretta relazione con le dimensioni del suo cervello, con la quantità di neuroni nella sua corteccia e con lo spessore della sua materia grigia.
Secondo gli autori, spalancare le “fauci” sbadigliando é per il cervello quello che lo stretching é per i muscoli. Lo stiramento provoca un aumento del flusso sanguigno nella regione muscolare coinvolta; in modo analogo, aprire la bocca e respirare a fondo, come appunto accade nello sbadiglio, apporta un afflusso di sangue alla testa, fornendo glucosio e ossigeno al cervello.
Per produrre questo effetto, hanno speculato Gallup e colleghi, un animale più grande dovrebbe sbadigliare più a lungo rispetto ad una specie più piccola.
Per verificare quest’ipotesi i ricercatori hanno analizzato circa 200 video sugli animali, cronometrando gli di 24 specie diverse )tra cui cani, gatti, ricci, opossum, volpi, scoiattoli e una varietà di primati e gli stessi esseri umani.
Per approfondire |
![]() |
Hanno così scoperto che Hanno scoperto che gli animali con un sistema nervoso centrale piccolo e con un minor numero di neuroni nello strato esterno del cervello (la corteccia) facevano degli sbadigli più brevi
rispetto a specie con un cervello più grande e complesso.
Ad esempio, nei topi quest’atto durava meno di 1,5 secondi, mentre l’uomo deteneva il primato con un più di 6 secondi; inoltre, le scimmie
(i nostri cugini più prossimi) sbadigliavano di più a paragone con gli altri mammiferi.